ANDRIA – “L’attuazione dell’autonomia differenziata è, come ha detto anche il presidente Mattarella, un impegno collettivo. Gli ultimi due anni sono stati condizionati da una pesante propaganda politica e da un incomprensibile conflitto tra Nord e Sud: è mancata una visione di insieme e per questo il Governo ha ipotizzato la costruzione di un disegno di legge quadro”. Lo ha detto il Ministro per gli Affari Regionali e per le Autonomie Francesco Boccia al forum “Autonomia e lavoro, opportunità di sviluppo economico per le aree periferiche del paese” che si è tenuto ad Andria, promosso dalla Cassa nazionale di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.

“Bisogna evitare che il centralismo dello Stato – oggi spesso criticato – si trasformi nel limite del centralismo regionale. Gli impatti sul mondo del lavoro saranno molto importanti e per questo – ha concluso il ministro – nei prossimi mesi ci sarà un processo di confronto molto approfondito”.

Secondo Fedele Santomauro, consigliere di amministrazione Cnpr, “è necessaria una vera riforma dell’autonomia che abbia come obiettivo la crescita e l’equità tra territori e non l’aumento del gap tra diverse zone del Paese. Questa riforma rappresenterebbe, di conseguenza, un’occasione preziosa di rilancio dello sviluppo sociale ed economica e punterebbe a valorizzare il Sud”.

Al forum è intervenuto Giuliano Poletti, già ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali: “è corretto valutare le diversità regionali ma bisogna tenere molto saldi i concetti dell’unità di questo Paese. In questo contesto le professioni rivestono un ruolo importante perché assistono le imprese e i cittadini e sono un punto di connessione: le categorie devono essere inserite in questo processo facendo capire gli elementi di positività e negatività”.

“Occorre cercare di migliorare e di mantenere sul territorio quella capacità di crescita economica che altrimenti si disperderebbe in Italia e in Europa”, è il monito di Giuseppe Scolaro, vicepresidente della Cnpr. “Questo comporta una perdita di capitale umano e personale che prima viene formato al Sud e poi si trasferisce verso altre aree geografiche”.

“I professionisti devono innovarsi, e con essi innovano anche le imprese”, sottolinea il consigliere d’amministrazione Cnpr Donato Montibello. “Bisogna investire sul capitale umano: possiamo vincere la sfida imprenditoriale che abbiamo avanti per il futuro dell’economia italiana e del sud”.

“E’ necessario rilanciare le attività utilizzando il modello dell’impresa cooperativa, in particolare realizzando servizi collettivi di cui il Sud ha bisogno”, afferma Giovanni Schiavone, presidente nazionale Associazione Generale Cooperative Italiane. “Stiamo investendo per fare sì che si riescano a dare i giusti input per creare un nuovo volano per l’economia del territorio”.

“L’obiettivo è alzare la qualità della vita garantendo la dignità dei lavoratori e la contrattualistica. Non è vero che al Sud non va nulla bene – ricorda Carmelo Rollo, vicepresidente nazionale Lega delle Cooperative – qui abbiamo competenze, persone disposte a misurarsi e la possibilità di costruire un paese nuovo”.

“Attendiamo rassicurazioni – evidenzia Piero Rossi, presidente regionale Confcooperative Puglia – E’ necessaria una spinta perequativa per le aree periferiche, per rilanciare le attività di impresa”.

Per Antonio Albrizio, vicepresidente dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Trani, “tutti dicono che il ruolo dei commercialisti e degli esperti contabili sia cardine ma poi non ci convocano ai tavoli tecnici: eppure siamo i professionisti a contatto con la realtà sociale, con le imprese, con i dipendenti. Potrebbe essere utile avere un confronto costruttivo con le istituzioni parlamentari, sono loro che legiferano ma noi possiamo contribuire concretamente perché conosciamo le difficoltà del tessuto sociale”.

In conclusione, Savino Santovito, docente di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università Aldo Moro di Bari, ha sottolineato quanto sia importante “educare i giovani all’imprenditorialità: solo il 7% degli universitari avvia un’impresa, è un dato basso. Ma ci sono numeri confortanti, ad esempio escono più imprenditori dalle realtà meridionali che da quelle settentrionali”.