Generati quasi 0,40 chili di emissioni di CO2 a persona

Milano, 29 set. (askanews) – Un fardello medio di 146 chili di cibo sprecato, o andato perso, per ciascun italiano ogni anno che ha generato quasi 0,40 chili di emissioni di CO2 a persona nel nostro Paese. Sono questi alcuni dei dati pubblicati dal Centro Studi Divulga nel paper “Spreco e fame” pubblicato oggi in occasione della Giornata Internazionale della consapevolezza sugli sprechi e le perdite alimentari.

Nel nostro Paese sono stati sprecati, o persi, quasi 8,65 milioni di tonnellate di cibo, dietro soltanto in valore assoluto alla Germania (10,9 milioni di tonnellate) e alla Francia (9 milioni di tonnellate), e davanti a Spagna (4,26 milioni di tonnellate) e alla Polonia (4 milioni di tonnellate).

In Italia la percentuale maggiore dello spreco si concentra nelle mura domestiche con il 73% del totale (107 kg/pro-capite) seguito dalla fase di produzione, trasformazione e commercializzazione (21%, pari a 30 kg/pro-capite) ed infine nella distribuzione e ristorazione (6% complessivo, pari a 9 kg/ pro-capite).

Complessivamente i primi cinque Paesi, secondo i dati del Centro Studi Divulga che ha incrociato e rielaborato tutte le più autorevoli fonti europee e mondiali, rappresentano il 63% sul totale di quasi 59 milioni di tonnellate di cibo sprecato nell’Unione Europea.

Analizzando i valori pro capite troviamo al primo posto il Belgio (250 kg per ogni cittadino), seguito dalla Danimarca (221kg) e dalla Grecia (191kg). Questi Paesi, insieme a Portogallo, Paesi Bassi, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Austria e Francia si posizionano tutti al di sopra della media UE che si attesta intorno a 131 kg di spreco pro capite. A comporre il podio dei Paesi europei più virtuosi, invece, ci sono Slovenia (68kg pro capite), Croazia (71 kg pro capite) e Slovacchia (83 kg pro capite).

Il 53% del cibo sprecato in Europa è riconducibile al consumo domestico, mentre il restante 47% si suddivide da rifiuti generati all’interno della catena di approvvigionamento alimentare: dalla produzione primaria (11%) alla trasformazione (20%) passando per la ristorazione (9%) e la distribuzione (7%). Allo stesso tempo, in Europa, circa 32,6 milioni di persone non possono permettersi un pasto di qualità ogni due giorni.  

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