Grazie al Global Ctx Mosaic of Mars basato su 110mila fotografie
Roma, 12 apr. (askanews) – È possibile sorvolare virtualmente la superficie di Marte osservandola nei minimi dettagli grazie al Global CTX Mosaic of Mars, un’immagine interattiva che permette a tutti – scienziati o semplici curiosi – di esplorare nel dettaglio il Pianeta rosso, sorvolando scogliere, crateri da impatto e tracce di polvere sulla superficie.
Si tratta di una composizione di oltre 110mila fotografie, scattate dalle camere a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter (Mro) della Nasa, che coprono la superficie di Marte con un risoluzione di quasi venticinque metri quadrati di superficie per pixel. Il Mosaico Globale Ctx di Marte – si legge su Media Inaf, il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica – è infatti attualmente l’immagine globale a più alta risoluzione del Pianeta Rosso mai creata. Per avere un’idea: se fosse stampato, questo mosaico di 5,7 terapixel (5700 miliardi di pixel) sarebbe abbastanza grande da coprire lo stadio Rose Bowl di Pasadena, in California.
Prodotto dal Bruce Murray Laboratory for Planetary Visualization del Caltech (California) nell’ambito del programma Planetary Data Archiving, Restoration and Tools, dedicato a sviluppare nuovi modi per utilizzare grandi banche dati già esistenti, il mosaico ha richiesto sei anni e decine di migliaia di ore di lavoro. Nonostante la complessità di questo strumento, chiunque può facilmente accedervi e usarlo in ogni momento (https://murray-lab.caltech.edu/CTX/V01/SceneView/MurrayLabCTXmosaic.html).
“Volevo qualcosa che fosse accessibile a tutti”, dice Jay Dickson, scienziato esperto di elaborazione delle immagini che ha guidato il progetto e gestisce il Murray Lab. “I bambini delle scuole ora possono usarlo, e anche mia madre, che ha appena compiuto 78 anni. L’obiettivo è abbassare le barriere per chiunque sia interessato a esplorare Marte”.
L’esploratore virtuale è così libero di muoversi, per esempio, su Medusae Fossae, una regione polverosa grande quanto la Mongolia, ingrandendo gli antichi canali fluviali ora asciutti che si snodano attraverso il paesaggio. In alternativa, ci si può spostare in regioni come il cratere Gale o il cratere Jezero – aree esplorate dai rover Curiosity e Perseverance della Nasa – o visitare Olympus Mons, il vulcano più alto del Sistema solare, aggiungendo i dati topografici della missione Mars Global Surveyor (sempre targata Nasa).
La Context Camera, o Ctx, è una delle tre fotocamere a bordo di Mro, guidato dal Jet Propulsion Laboratory della Nasa. Mentre una di queste fotoecamere – la High-Resolution Imaging Science Experiment (Hirise) – fornisce immagini a colori di elementi della superficie piccoli come un tavolo da pranzo, Ctx fornisce immagini in bianco e nero dando una visione più ampia del terreno intorno a questi elementi, aiutando gli scienziati a capire come sono disposti tra loro in un contesto più ampio. La capacità di catturare grandi aree del paesaggio ha reso Ctx particolarmente utile per individuare i crateri da impatto sulla superficie. Una terza fotocamera, il Mars Color Imager (Marci) produce una mappa delle condizioni climatiche globali giornaliere sulla superficie di Marte con una risoluzione spaziale più bassa delle altre due camere.
Dal 2006, ovvero da quando Mro orbita intorno a Marte, Ctx ha documentato quasi tutto il pianeta, rendendo le sue immagini un ottimo punto di partenza per gli scienziati a cui è necessaria una mappa della sua superficie. Un po’ come comporre un puzzle, la creazione di una mappa richiede l’acquisizione e il controllo di un’ampia selezione di immagini per individuare quelle con le stesse condizioni di esposizione luminosa. Per creare il mosaico è stato sviluppato un algoritmo in grado di abbinare le immagini in base alle caratteristiche catturate. Sono rimaste da unire manualmente solo 13mila immagini che l’algoritmo non riusciva ad abbinare. I vuoti rimanenti nel mosaico – conclude Media Inaf – rappresentano parti di Marte non riprese da Ctx quando è iniziato questo progetto oppure aree oscurate da nubi o polvere.
“Volevo qualcosa di simile da molto tempo. È un bellissimo prodotto artistico e allo stesso tempo è utile per la scienza”, conclude Laura Kerber, studiosa di Marte al Jpl.