Potrebbe essere il primo vertice della “seconda guerra fredda”
Roma, 14 nov. (askanews) – Il presidente Usa Joe Biden e il leader cinese Xi Jinping si sono stretti, tra i sorrisi, la mano oggi a Bali e si sono seduti a un tavolo uno di fronte all’altro per un summit di oltre tre ore, su cui erano concentrati gli occhi del mondo, per quanto non fossero previsti particolari accordi. Di fatto un modo per ricominciare a tessere il filo del dialogo personale, in un momento in cui le relazioni tra le prime due economie del mondo sono caratterizzate dall’acrimonia.
Le prime parole dette dai due presidenti sono state concordanti: il mondo si attende da noi senso di responsabilità e che si eviti un conflitto.
“Io sono determinato a tenere aperte le linee di comunicazione tra te e me personalmente e tra i nostri governi, perché i nostri due paesi hanno tante cose da affrontare e noi ne abbiamo l’opportunità”, ha detto Biden. “Come leader delle nostre due nazioni, condividiamo la responsabilità di dimostrare che Cina e Usa possono gestire le loro differenze, evitare che la competizione diventi un conflitto, anche vi si avvicini e trovare i modi per lavorare assieme su questioni ugenti e globali, che richiedono la nostra reciproca cooperazione”.
Dal canto suo Xi ha segnalato come “attualmente la relazione Cina-Usa sia in una situazione tale da destare la nostra preoccupazione, perché non è nell’interesse fondamentale dei nostri due paesi e popolo e non è ciò che la comunità internazionale si attende da noi”. E ha proseguito: “Come leader di due grandi Paesi che noi abbiamo bisogno di riportare sul giusto tracciato la relazione Usa-Cina. Abbiamo bisogno di trovare la giusta relazione per portare avanti ed elevare il nostro rapporto”. Il mondo – ha detto ancora il presidente cinese – “si attende che Cina e Usa gestiscano in maniera appropriata la relazione. Il nostro incontro ha attratto l’attenzione mondiale, così dobbiamo lavorare con tutti i Paesi per portare più speranza alla pace mondiale, più grande fiducia nella stabilità globale e forte impeto allo sviluppo comune”.
Al lungo tavolo delle trattative, ai lati dei presidenti, si sono accomodate delegazioni pesanti. Ai due lati di Biden erano seduti il segretario di Stato Anthony Blinken e la segretaria al Tesoro Janet Yellen. Inoltre erano presenti al tavolo Jake Sullivan, consigliore di sicurezza nazionale, l’ambasciatore Usa in Cina Nicholas Burns, l’assistente segretario di stato per l’Asia orientale e il Pacifico Daniel Kritenbrink, con altri quattro funzionari del Consiglio nazionale di sicurezza con competenze sulla Cina e l’Asia.
Xi aveva au suoi lati una serie di personalità recentemente emerse dal Congresso del Pcc e personalmente legati al leader. A destra c’era il capo dello staff Ding Xuexiang, promosso del Comitato permanente del Politburo il mese scorso. Inoltre si è visto anche He Lifeng, che dovrebbe diventare anche vicepremier agli affari economici, di fatto lo stratega economico di Pechino.
I due leader sono arrivati consolidati, sia pur in misura diversa, dagli appuntamenti politici interni che hanno dovuto affrontare nelle ultime settimane. Xi ha ottenuto nel XX Congresso del Pcc il suo terzo mandato e ha compattato gli organi di governance di Pechino con uomini a lui personalmente fedeli. Biden ha rintuzzato l’offensiva trumpiana in elezioni di Midterm molto a rischio, con un risultato che pur ancora incerto indica un arretramento delle ambizioni del controverso ex presidente americano.
I due leader, tra l’altro, hanno tra loro una familiarità. Per quanto questo odierno sia stato il primo incontro di persona da quando Biden due anni fa è diventato presidente, in realtà quando erano entrambi numeri due nei rispettivi paesi hanno avuto molte occasioni di avere dei faccia a faccia. In particolare quando, nel 2011, Biden fece una lunga visita in Cina ed ebbe con Xi cinque occasioni d’incontro.
Non è stato annunciato in anticipo alcun comunicato congiunto o accordo specifico. Tuttavia sono evidenti i temi sui quali le due delegazioni si sono confrontate. Da Taiwan, che la Cina considera parte integrante del suo territorio da riportare in patria anche a costo di usare la forza e che Washington promette di sostenere nella sua difesa, alla posizione “neutrale” della Cina sul conflitto in Ucraina, col rifiuto di Pechino di condannare l’invasione russa. E poi la questione della Corea del Nord, che negli ultimi mesi ha dato vita a una serie continua di provocazioni missilistice su cui la Cina non ha parlato. Inoltre il tema delle rivendicazioni territoriali di Pechino nel Mar cinese meridionale, il conflitto commerciale, le violazioni della proprietà intellettuale, le catene di approvvigionamento delle materie prime e dei semiconduttori, gli sforzi per la decarbonizzazione.
Su nessuno di questi c’erano alla vigilia particolari attese relative ad accordi. Tuttavia era importante ricominciare a parlarsi in un formato a due che, per la sua importanza, potrebbe suggerire che il mondo ha di nuovo due leader. Non a caso qualcuno ha suggerito che il vertice di Bali potrebbe essere il primo della “seconda guerra fredda”.