Incontro con l’autrice de “Il raglio dell’asino”
Milano, 25 ott. (askanews) – Una storia di malagiustizia legata a un’inchiesta sulla Sanità, un lungo incubo che ora diventa un libro, per raccontare una vicenda che ne contiene purtroppo molte altre. Marta Gentili, coinvolta e poi assolta “perché il fatto non sussiste” in un’inchiesta su presunta corruzione nella sanità pubblica, ci ha raccontato la sua storia, di cui ha scritto nel volume “Il raglio dell’asino”. Tutto inizia l’8 maggio 2017 con 19 arresti e 75 indagati: tra questi ultimi anche Gentili. “In quel periodo – ha spiegato ad askanews – io ero il direttore marketing di un’azienda farmaceutica e, come quasi tutti i dipendenti delle aziende farmaceutiche che ricoprivano determinati ruoli, sono stata iscritta nell’elenco degli indagati. In realtà io ho scoperto di essere inserita in questo elenco per puro caso e la notifica ufficiale mi è stata data dai carabinieri quasi nove mesi dopo. Sono stata interrogata, dopo una serie insistente di mie richieste, un anno e mezzo dopo, a 15 giorni dalla chiusura delle indagini e dalla presentazione degli atti in Procura”. L’inchiesta era partita da Parma, per poi essere in parte trasferita a Lecco, dove tutto è cambiato e per molti imputati le accuse sono decadute. Si parla di un errore di valutazione della Procura di Parma, un errore che però ha sconvolto la vita di molte persone. “Questi anni – ha aggiunto Marta Gentili – sono stati anni terribili da vivere, perché vissuti nella totale incertezza: non si hanno informazioni, non si riesce a interloquire con le persone che ti accusano e non si capisce di cosa sei accusato. Per me è durata quattro anni, sei mesi e otto giorni. Me li ricordo tutti. Ma purtroppo c’è ancora qualcuno che sta aspettando di avere giustizia”. Il libro è nato anche per cercare di evitare che una storia come questa si ripeta, ma c’era pure un elemento, per così dire, terapeutico, nel raccontarla. “Il ragno dell’asino – ha detto ancora l’autrice – è questo mio sfogo: io ho avuto bisogno di scrivere in questi quattro anni e mezzo perché dovevo in qualche modo rendere concreto ciò che mi stava accadendo, perché sembrava veramente di vivere qualcosa di assurdo e di astratto. È la nostra Costituzione che dice che si è innocenti fino a prova contraria – ha concluso Marta Gentili – invece nei fatti non è così: sei colpevole fino a prova contraria e vieni anche sommerso da questa onda mediatica che non riesce a porre un limite tra la giusta informazione e delle forme di aggressione verbale nei confronti degli imputati”. E se le angosce giudiziarie che ricordano i romanzi di Kafka si uniscono alle peggiori derive della società digitale, si capisce bene il dramma ai confini dell’assurdo di chi, da innocente, si trova a vivere vicende come questa. continua a leggere sul sito di riferimento