Askanews ne ha parlato con presidente e direttore del Consorzio
Milano, 18 nov. (askanews) – Riconosciuta nel 1987, la Doc Lessini Durello conta oggi circa 430 ettari vitati ad uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei Monti Lessini, piccole colline con suoli vulcanici ricchi di basalti che si sviluppano tra Verona e Vicenza. La Durella è un vitigno autoctono a bacca bianca, forte e resistente, che per la sua freschezza e acidità ha un’ottima attitudine alla spumantizzazione, in particolare al Metodo Classico per la sua capacità di affinarsi per lunghi periodi sui lieviti. E infatti i migliori esempi di questa “bollicina del territorio” sono proprio gli Champenoise in purezza più invecchiati, che svelano un prodotto dalle grandi potenzialità. Una Denominazione di nicchia che negli ultimi cinque anni è cresciuta in qualità spinta da una nuova generazione di vignaioli e dai giovani e determinati vertici del Consorzio: la presidente Diletta Tonello e il direttore Igor Gladich che askanews ha incontrato.
“Noi siamo una denominazione vicentina-veronese, quattro vallate delimitate dai quattro fiumi che le percorrono, un territorio vulcanico ricco d’acqua, a piedi delle Piccole Dolomiti” spiega Tonello, vicentina classe ’91, “e qui la Durella è sempre stata coltivata e anche quando i riscontri erano pochi non è mai stata abbandonata perché veniva usata come ‘taglio’, era un aiuto incredibile per molti vini ed era venduta anche nello Champagne e nella Mosella quando i francesi avevano annate sfavorevoli”. “Il ricambio è importante, la generazione di mio padre che ha 61 anni e quella di mio nonno che ne ha 94 sono molto simili ma c’è un gap gigantesco con la mia, l’ho visto nel 2014 quando sono entrata in azienda (la “Cantina Tonello” a Montorso Vicentino, ndr). In questi anni tutto è corso molto velocemente tranne la vigna, che sta lì a dimostrare quanto valgono le scelte pensate a lungo termine e non quelle a pochi anni” continua la presidente, ponendo l’accento sul fatto che “i giovani hanno un approccio diverso e sono più abituati a fare gioco di squadra, dimostrano più attenzione al prezzo e hanno un livello di conoscenza maggiore del valore che può avere il nostro vitigno, che non è dettato solo dalla Camera di commercio ma da noi come persone e come brand, dal valore dei prodotti e dal peso che hanno le nostre azioni”.
“Io imparo dal passato per gestire il futuro e vedo nell’entusiasmo dei produttori la spinta ad aumentare la nostra produzione che oggi è di nicchia, puntando sempre su una qualità che già c’è ma che deve essere mantenuta e incrementata, ad esempio promuovendo il Metodo classico rispetto allo Charmat, nonostante se ne producano di ottimi” continua Tonello, sottolineando che per il Consorzio “la direzione è questa, anche se richiede tempo e impegno da parte di tutti”.
Al momento questa piccola Denominazione produce poco meno di un milione di bottiglie (il 70% delle quali con il metodo Martinotti) che vengono vendute prevalentemente nelle provincie di produzione e sempre più anche in quelle di Venezia e Padova. I soci del Consorzio sono 34 (su poco meno di 40 produttori totali), la stragrande maggioranza dei quali sono piccole o piccolissime cantine che coltivano la Durella su appezzamenti da uno a sei ettari, il 20% dei quali bio o biodinamici o in conversione. A questa massa critica, si aggiungono due cooperative come la Cantina di Soave e Vitevis Cantine, due colossi che fanno circa il 70% del prodotto, e garantiscono un export di Durello che si aggira intorno al 5% (principalmente in Germania, Regno Unito e Nord America), a cui si aggiungono i piccoli sbocchi oltre confine sviluppati nel tempo dai singoli soci. In crescita le vendite nel canale horeca, con anche qualche ristorante stellato, mentre le catene locali della Gdo assorbono una piccola percentuale di prodotto base.
“Negli ultimi anni abbiamo avuto una crescita generale dei volumi e della percentuale del Metodo classico, che è passata dal 12 al 25%” afferma ad askanews Gladich, spiegando che “ora stiamo lavorando ad un’evoluzione istituzionale del Consorzio perché vogliamo che sia una guida forte e in grado di orientare i soci sulla base delle direttive dettate dal Cda, lasciando però libertà alla base sociale di coltivare la sua grande caratteristica: essere giovane, effervescente e con voglia di sperimentare”.
A differenza della ridotta area vitata (che da due anni è certificata “Biodiversity friends”), il territorio della Doc Lessini Durello è molto vasto, con una parte nel Veronese che si sovrappone alla Doc Soave, dove molte cantine vendono la Garganega, così come dalla parte vicentina fanno con la Glera (la base del Prosecco), importanti fonte di reddito per i vignaioli locali. Qualche produttore sta però via via sostituendo la Garganega con la Durella, come ad esempio Roberta Cecchin alla guida di “Casa Cecchin” di Montebello Vicentino.
“Dobbiamo trovare strumenti e modi per non irrigidire troppo quel sistema che è giusto rimanga flessibile, penso anche all’aggiornamento dei paletti del Disciplinare di produzione che devono essere definiti per garantire la tipicità del prodotto ma non così rigidi da impedire ai produttori di esprimersi” prosegue Gladich, evidenziando che “dobbiamo uscire dal nostro territorio e fare conoscere il Durello ma dobbiamo farlo in modo graduale: i piccoli produttori hanno grandi soddisfazioni e grandi ambizioni ma sono ambizioni che vanno modulate perché per crescere bisogna avere le spalle larghe, per correre veloce servono binari stabili”.